Il timore si diffonde sempre più. Il dubbio è che il vento a favore della transizione ecologica, la svolta green spinta dai dati sempre più preoccupanti sui cambiamenti climatici, possa in futuro affievolirsi mettendo a rischio gli stessi ambiziosi obiettivi che si è posta l’Unione europea. Qualche settimana fa, alla Soft power conference, uno storico ambientalista come Francesco Rutelli ha di nuovo messo il tema in agenda. «Non permettiamo ai cittadini – ha detto – di pensare che gli interventi a favore del clima siano punitivi». Per adesso l’attenzione si è concentrata sugli effetti negativi che lo stop definitivo ai motori endotermici dal 2035 avrà sull’occupazione.
Pezzi interi della filiera automotive, a partire dalla componentistica, saranno destinati a sparire a meno di una radicale trasformazione. Centinaia di migliaia di persone da formare e ricollocare. Problemi che vanno affrontati oggi, ma i cui effetti si manifesteranno nel medio termine. C’è però un altro aspetto della transizione energetica meno dibattuto ma più vicino. E potenzialmente destabilizzante al pari delle conseguenze occupazionali: il costo dell’energia sia per i consumatori che per le imprese. Un tema molto delicato in Italia, soprattutto per la struttura delle bollette elettriche all’interno delle quali il costo dell’approvvigionamento è quasi raddoppiato da altri oneri, alcuni dei quali hanno a che fare decisamente poco con l’energia.
LA SCADENZA
Un assaggio di quello che potrebbe accadere si è avuto a luglio scorso. L’Arera, l’Autorità di regolazione del settore, ha aggiornato le tariffe con un aumento del 9,9 per cento. Un balzo non da poco, ma che sarebbe stato più robusto, addirittura del 20 per cento, se il governo non fosse intervenuto in fretta e furia e, attraverso un decreto legge, non avesse destinato 1,2 miliardi di euro al contenimento dell’aumento. Segnale questo, della delicatezza della questione. Che si riproporrà molto a breve. A ottobre è infatti atteso un nuovo rialzo dei prezzi delle bollette attorno al 15 per cento. Ma perché si è determinato questo balzo? «I prezzi del gas e dell’elettricità sono ai massimi», spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. «Prezzi – aggiunge – che per l’elettricità abbiamo visto raramente». A determinare questa situazione è una serie di fattori tra loro concomitanti. Ma una parte di questi aumenti è collegata alla transizione. «Un terzo dell’aumento del prezzo dell’elettricità di questa estate, volendo semplificare – spiega Tabarelli – è dovuto al prezzo della CO2». Di cosa si tratta? Le imprese che hanno produzioni che emettono anidride carbonica nell’aria, devono acquistate un “diritto a inquinare”. Un certificato il cui costo è destinato a salire man mano che i tetti alle emissioni si abbassano. Inoltre nel pacchetto «Fit for 55» della Commissione europea, ossia il piano di decarbonizzazione per abbattere le emissioni del 55 per cento entro il 2030, è previsto che anche i consumatori dovranno acquistare i certificati per i loro impianti di riscaldamento e per il trasporto. Altri oneri che rischiano di scaricarsi sulle bollette. Che iniziano a diventare troppo strette per poter contenere tutto: dai disincetivi alle fonti fossili, agli incentivi alle rinnovabili, dai costi delle reti, fino al mantenimento in funzione di centrali elettriche solo per garantire che l’energia arrivi in maniera continua nelle case degli italiani, visto che quella prodotta con fotovoltaico ed eolico è, inevitabilmente, legata alla presenza di sole e vento che non sono costanti. Si tratta, ancora una volta, dei cosiddetti oneri di sistema. Per capire quanto questi incidano, basta considerare che la bolletta “complessiva” degli italiani vale poco più di 40 miliardi. I soli incentivi alle fonti rinnovabili pesano per 14 miliardi, anche se in prospettiva sono destinati a diminuire e intanto il costo delle rinnovabili si è molto ridotto.
IL MECCANISMO
Per produrre un Megawattora di solare in Sicilia ci vogliono 50-60 euro, e 70 euro per l’eolico, mentre un Megawattora di gas costa attorno ai 110 euro. Il problema principale, come detto, che sarà fronte di crescenti costi, rimane quello dell’interrompibilità. «Il problema», spiega ancora Tabarelli, «è abbastanza semplice. Di notte non ho il sole, ho bisogno quindi degli accumuli, delle batterie. Ma le batterie di grandi dimensioni adatte al sistema elettrico di un Paese non esistono. Per questo servono degli impianti che stanno lì pronti per essere attivati nel momento del bisogno. Impianti che vanno a gas». E qui torniamo al prezzo dell’energia. Il gas serve per tenere in piedi il sistema italiano ed europeo. Ma anche l’Asia sta riducendo l’uso del carbone spostandosi verso il gas, facendo schizzare domanda e prezzi. In qualche misura, insomma, anche l’impennata della materia prima è correlata alle scelte strategiche della transizione. Ma per tornare alla bolletta, ci sono altri costi che finiscono tra gli oneri di sistema. Come quelli per il dispacciamento. Un meccanismo che serve per tenere in equilibrio ogni giorno la domanda e l’offerta di energia. Anche questo costa (si stima pesi il 7 per cento in bolletta). Oppure i meccanismi dell’interrompibilità, sconti consistenti (anche questi pagati da tutti i clienti elettrici) concessi ad aziende che si dichiarano disponibili a subire un’interruzione di energia in caso di necessità del sistema. Nel lungo elenco dei beneficiari c’è persino la Coca Cola. «Sono tutte quelle cose che sommate», conclude Tabarelli, «fanno della bolletta italiana la più cara in Europa». E che la transizione rischia di far lievitare ancora. Proprio per questo il governo sarebbe pronto a correre ai ripari. Già a luglio, come detto, ha abbassato la bolletta di 1,2 miliardi di euro. Soldi presi dalle aste per la Co2. Un meccanismo che potrebbe essere replicato anche prima di ottobre, quando è previsto un nuovo balzo del prezzo. Ma la soluzione finale sul tavolo è un’altra. Togliere dalla bolletta tutti gli oneri impropri, quelli che con l’energia non c’entrano nulla. Un impegno in questa direzione il governo lo ha preso con l’Europa nel Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. L’unico modo per calmierare il conto elettrico degli italiani ed evitare che alzino le barricate sulla transizione energetica.
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