Dottor Giuseppe Bono, lei guida Fincantieri, una delle eccellenze del made in Italy, presente non solo nella cantieristica ma che guarda anche alle infrastrutture, ai porti, alla sostenibilità. State allargando il raggio d’azione: come sarà Fincantieri 4.0?
«Già oggi Fincantieri è capace di esprimere il proprio know how in molteplici segmenti di business presentandosi come una realtà sempre più globale, ma mantiene ben salda la testa in Italia. La sfida maggiore sarà consolidare quanto già avviato: le navi da crociera ci proiettano fino al 2027, confermando la nostra leadership mondiale. Consideri infatti che una nave da crociera su tre nel mondo è nostra e, nei prossimi anni, il rapporto diventerà di una su due. Allo stesso tempo, il nostro obiettivo è di continuare ad allargare lo spettro delle competenze e, di conseguenza, della presenza in nuovi scenari e mercati. Resteremo nel perimetro della nostra cultura e storia industriale, ma ci metteremo ancora in gioco perché siamo consapevoli di essere uno dei pochi player globali del Paese».
Quali sono le strategie di sviluppo e i target che vi siete dati?
«Senza dubbio un settore che abbiamo individuato come strategico – e in cui possiamo giocare un ruolo da protagonisti – è quello delle infrastrutture e mi riferisco, in particolar modo, a quelle a più alto contenuto innovativo, con un’attenzione particolare alla transizione green e al digitale, settori in cui abbiamo sviluppato importanti capacità ingegneristiche e gestionali. Mi piace ricordare, a tal proposito, l’intesa con Enel X per la realizzazione e la gestione di hub portuali di nuova generazione, a basso impatto ambientale, e per l’elettrificazione e le attività logistiche a terra, attraverso l’implementazione del “cold ironing”, ovvero la tecnologia per l’alimentazione elettrica in banchina delle navi ormeggiate durante le soste».
Dice questo perché ritiene che il nostro Paese non ha espresso le proprie potenzialità?
«L’Italia, per la sua conformazione geografica, rappresenta una straordinaria piattaforma logistica naturale ma è evidente che vi siano ancora dei gap da colmare rispetto ad altri paesi. Gli ambiti di potenziale intervento sono moltissimi e andrebbero nella direzione di ovviare al costo della logistica che gli operatori scontano nel nostro Paese, superiore alla media Ue, a causa della connessione non ottimale con il sistema industriale nazionale e la scarsa digitalizzazione della catena».
Qual è stato l’impatto della crisi sulla cantieristica e quali le prospettive di ripresa?
«Il 2020 è stato tra gli anni più difficili per l’economia globale dal secondo dopoguerra. Analizzando i vari comparti, quello militare ha tenuto, sostenuto da programmi nazionali e per l’export di medio e lungo termine, mentre quello crocieristico ha sofferto in modo evidente. Proprio per questo, non è banale che la nostra azienda sia riuscita a mantenere intatto il nostro portafoglio ordini senza alcuna cancellazione, venendo incontro alle richieste degli armatori con una dilazione nella consegna delle navi».
Quali progetti avete sul fronte delle navi green e della sostenibilità, vera nuova sfida all’orizzonte?
«Il settore del trasporto marittimo è chiamato ad affrontare un decennio cruciale per la transizione verso una maggiore sostenibilità. Il nostro impegno si sviluppa su tre direttrici: ridurre gli impatti direttamente generati dalle attività; sviluppare prodotti e servizi ecosostenibili; collaborare con istituzioni e partner. Per quanto concerne le navi, queste saranno sempre più simili a smart city galleggianti, iperconnesse, energeticamente autosufficienti, più leggere e capaci di riciclare fino al 90% dei rifiuti prodotti. Il propellente sarà “verde” o ibrido. Stiamo effettuando molta ricerca in questo senso. Nel lungo periodo si guarda all’idrogeno, forse anche all’ammoniaca, mentre nel breve siamo concentrati sull’utilizzo del gas naturale liquefatto. Mi lasci ricordare che a Castellammare di Stabia, il cantiere più antico del mondo, stiamo terminando la realizzazione di “Zeus” un’imbarcazione che fungerà da laboratorio (Zero Emission Ultimate Ship, ndr)».
E sul fronte militare, pensate ad altre alleanze all’estero, ci sono nuove partnership in vista?
«Il comparto della difesa è cruciale e, in tale ambito, siamo un attore dal quale non si può prescindere. Il nostro prodotto di punta è la Fremm, una piattaforma innovativa e flessibile che ci ha reso leader mondiali anche nel settore delle navi da superficie. Riconoscimenti sono venuti da primarie Marine: Usa, Qatar, Egitto e Indonesia. In merito agli scenari internazionali la mia posizione è nota da tempo: in un mondo in cui il primo driver è senz’altro la globalizzazione, l’industria ha il dovere di farsi trovare pronta. Questo significa concentrare le risorse a disposizione per affrontare i prossimi programmi comuni e partecipare da protagonisti al consolidamento dell’industria di settore».
Con il Ponte di Genova, realizzato in tempi record, avete contribuito al rilancio della città e dato impulso ad una sorta di riscossa, di passo in avanti dopo una vicenda tragica e drammatica, come intendete procedere su questo fronte?
«La ricostruzione del nuovo ponte di Genova, il San Giorgio, è stata un’occasione per mettere l’azienda e tutto il nostro lavoro al servizio della città e del Paese. Avevo fiducia in Fincantieri, consapevole delle nostre capacità e della nostra abilità di lavorare l’acciaio in grandi quantità».
Digitalizzazione, nuove tecnologie, sviluppo green, Fincantieri 4.0 dove potrà arrivare nel panorama mondiale e quali sono i più temibili competitori internazionali?
«In campo navale non siamo secondi a nessuno e negli altri settori operiamo puntando sia all’ampliamento delle nostre competenze, al fine sia di accrescerle, sia a mettere il nostro know how a disposizione di progetti che ci vedono in partnership con primarie realtà del panorama nazionale quali Eni, Enel, Snam solo per citarne alcune».
Fincantieri è una eccellenza del made in Italy, un concentrato di sapere, tecnologie, competenze: è necessario proteggerla dalle mire straniere?
«Siamo una bandiera dell’Italia all’estero e certamente lo saremo in futuro, anche considerando le grosse potenzialità che il Paese esprime in settori in cui siamo leader. Sottolineo come l’Italia, con 7.500 km di costa, e grazie alla posizione geografica al centro del Mediterraneo, abbia un ruolo fondamentale proprio nel settore dell’economia del mare. La sola filiera cantieristica nazionale vale circa 4,6 miliardi di export con un saldo commerciale attivo per il nostro Paese di 3,1 miliardi. Ogni euro speso in questo ambito ne attiva 4,5 su altri comparti e per ogni occupato ce ne sono circa altri 6 impiegati nel nostro indotto».
Questa intervista non si può chiudere senza una domanda sulla vicenda Oto Melara–Leonardo: il governo si è pronunciato per la sua difesa, ma una decisione non è stata presa.
«Sono certo che il governo saprà fare la scelta giusta per salvaguardare il futuro di un asset industriale strategico».