Ci sono aziende, il prima linea le big tech, che registreranno quest’anno una crescita di profitti mai vista dai mercati finora. Ma è già tempo di guardare alla sostenibilità degli utili nel 2022-2023. A spiegare quale ruolo dovrebbero avere i grandi nomi tech all’interno del portafoglio è Eric Papesh, portfolio specialist US Equities (T. Rowe Price). «In quasi tutte le fasi i titoli tecnologici large-cap hanno un ruolo da giocare nei portafogli. La questione chiave è piuttosto quali titoli detenere. Considerando la rapidità dell’innovazione e la quantità di disruption a cui si è assistito nel corso degli ultimi due decenni, la selettività è un fattore chiave. Vi è un numero relativamente ridotto di società tecnologiche large-cap oggi particolarmente ben posizionate per sfruttare i cambiamenti di lungo periodo in settori come ricerca web, advertising online e e-commerce». Le valutazioni naturalmente contano, avverte Papesh, e a volte i multipli rendono queste società meno attraenti a breve termine. «Tuttavia, se si considera un orizzonte temporale di tre-cinque anni, è probabile che grazie a tale posizione privilegiata queste società continuino ad accrescere le proprie quote di mercato, generando allo stesso tempo rendimenti positivi per gli investitori a lungo termine». Ma ci sono opportunità tra small- e mid-cap? «Dopo essere rimaste indietro negli ultimi anni rispetto alle big», spiega l’esperto, «le società a piccola capitalizzazione hanno registrato un forte rimbalzo rispetto ai minimi toccati nel 2020. Gli investitori hanno iniziato a rendersi conto delle prospettive in miglioramento intorno a metà anno, come dimostrano i nuovi flussi diretti verso questa asset class negli ultimi due o tre trimestri». E ci sono «ancora buone ragioni per mantenere un’esposizione a quest’area», dice Papesh: «Se in generale sul mercato azionario le valutazioni appaiono tirate rispetto al passato, in termini relativi le small-cap sono decisamente favorite rispetto alle large». Inoltre, le small-cap dovrebbero registrare una crescita degli utili per azione più significativa nel corso dell’anno. Anche se la componente a capitalizzazione più bassa del mercato tende ad essere leggermente più volatile, la combinazione valutazioni meno elevate-crescita maggiore risulta attraente. Un motivo in più per continuare a considerare interessanti i rendimenti Usa. Nonostante il dividend yield dell’S&P500 sia diminuito in seguito al rally dello scorso anno, infatti, «alcuni settori continuano a offrire opportunità per gli investitori in cerca di reddito. Il rendimento attuale della parte “value” del mercato (legata ai settore che seguono il ciclo economico, ndr) resta più elevato rispetto a quello delle obbligazioni governative». © RIPRODUZIONE RISERVATA