Calalzo di Cadore, ultima fermata del treno che si infila tra i monti verso Cortina: è il 1934, un’altra Grande Guerra incombe.
Ma in questa valle isolata c’è chi guarda lontano: nasce Safilo, una piccola azienda che fabbrica occhiali, e che in 90 anni si trasforma in un colosso mondiale diventando un traino per un distretto e un’intera filiera che hanno cambiato la storia dell’occhialeria mondiale. Safilo in questi 90 anni ha vissuto molte vite: oggi è in una fase di grande rilancio dopo un riassetto guidato dal 2018 dal ceo Angelo Trocchia. Per farlo si è aperta al mondo.
Un cambiamento inevitabile?
«In 90 anni molte cose sono cambiate – spiega Trocchia, 61 anni, laurea in Ingegneria aeronautica e già ad di Unilever -. Ma nel settore dell’occhialeria c’è un punto fermo: l’occhiale è il centro di tutto, perché ha una caratteristica specifica a prescindere dal fatto che sia da vista o da sole: va messo sul volto. Contrariamente ad altri accessori, l’occhiale determina il carattere di chi lo indossa».
Ora Safilo è una company che contiene internamente design, stile, ricerca, tecnica, produzione, digital: perché?
«L’occhiale è sempre più un oggetto di fashion. Abbiamo a Padova 180 persone che curano tutta la parte di disegno, prototipi a mano, 50 persone dal 3D al prototipo. Così riusciamo a controllare la catena del valore. E traiamo vantaggio dalla fusione della digitalizzazione con la manualità. Abbiamo investito tanto nel digitale ma senza perdere i disegnatori, prototipisti, il gruppo che studia i colori. E questo toglie il rischio di uniformità. Non potrebbe essere altrimenti: è moda. Facciamo 3 collezioni l’anno, a gennaio aprile e settembre».
Cosa contengono i Digital hub di Padova e Portland?
«Sono complementari. Abbiamo assegnato il focus dell’e-commerce all’America, che guida quel settore. Nel 2018 vendevamo solo agli ottici, oggi il 16% è direttamente al consumatore. L’età media dei dipendenti è 22-23 anni, è un gruppo che lavora con Facebook, Meta, sui siti. Nel D to C sono più avanti dell’Europa. Padova è più concentrata nel B to B, gli ottici e le catene di vendita. Abbiamo assunto data analist e scientist e sviluppatori dell’IA».
Contano più gli uomini o le tecnologie?
«La componente tecnologica è fondamentale, ma la vera differenza la fanno le risorse umane. Più si avanza nello sviluppo tecnologico e più si evidenzia la necessità di risorse umane adeguate. Per un Paese come l’Italia questo potrebbe rappresentare una potenzialità enorme. Svincola il tema Sud-Nord. Alcune delle risorse che si occupano di marketing cloud sono localizzate in Puglia e Campania».
Dove si sta indirizzando la ricerca?
«C’è un’area cui abbiamo dedicato molte risorse: è il tema dei materiali sostenibili, riciclabili. Il prossimo obiettivo è lo sviluppo compiuto dello smart glass».
Come cambierà la distribuzione nell’occhialeria?
«Ci sarà ancora un processo di concentrazione. Diminuiranno gli ottici indipendenti e aumenteranno le catene di affiliati. Prima in Usa, poi in Europa e negli altri continenti. Sul “sole” vediamo uno spostamento verso l’e-commerce. Abbiamo comprato a San Diego Blenders Eyewear, un’azienda con 5 negozi monobrand: in quelle zone le vendite di e-commerce crescono di più in altre zone. Il negozio fisico aiuta l’e-commerce».
Quanto pesano i brand di proprietà nella produzione di Safilo?
«È stato uno dei grandi cambiamenti strategici del 2018, quando eravamo troppo legati alle licenze. Oggi siamo già al 50% del portafoglio, in netto anticipo sul piano strategico. È fondamentale per sviluppare strategie di lungo periodo. Abbiamo Polaroid, Carrera, Smith, Blenders e Beckham che ci consentono investimenti sulla forza vendita, sullo sviluppo, la tecnologia. Danno una stabilità mai avuta in precedenza. Avremo sempre uno spazio per le licenze, un portafoglio ricco che negli ultimi 18 mesi abbiamo in gran parte rinnovato fino al 2030 e oltre».
Come nasce il “matrimonio” con David Beckham?
«C’era un’idea strategica: cercavamo di focalizzare il portafoglio su una posizione di mercato tra i 150-200 euro. Ho incontrato Beckham a Londra 4 anni fa ed è nato il percorso: ci crede, è molto impegnato nelle collezioni, rispetta la parola. Un mese fa ha approvato lui le nuove collezioni, dopo ore di confronto sui dettagli».
Su che cosa si basa la sfida con le altre company per i brand in licenza?
«Le fashion house guardano la capacità di disegnare collezioni. È fondamentale. Ecco perché torniamo al discorso iniziale: come Safilo ce ne sono pochi, abbiamo un team bravissimo. Da poco abbiamo preso Etro, una collezione bellissima. Il secondo punto di forza è la distribuzione che riusciamo ad assicurare. Abbiamo nostri team in 40 Paesi, non ci sono molti produttori di occhialeria con questa forza: Sudafrica, Messico, Honk Kong».
Come sfruttate l’IA?
«Stiamo spingendo moltissimo, assumendo giovani “su misura”. L’IA ci sta permettendo di fare in pochi minuti cose per le quali servivano mesi. La velocità è tutto: ci farà fare la differenza».
Quanto tempo passa tra l'intuizione di un trend e la produzione?
«Oggi stiamo lavorando sulle collezioni gennaio 2026. Il cuore delle risorse è a Padova, ma abbiamo design studio a New York, Portland per lo sportwear e Hong Kong dove è importante avere le “antenne”. Poi abbiamo team che ad esempio fanno solo analisi sui trend dei colori».
Come cambiano i dipendenti del gruppo?
«Dobbiamo conservare e costruire il gruppo di persone che fanno lo sviluppo e il disegno delle collezioni. È e sarà sempre il core. Il resto dell’azienda sarà sempre più digitale nel senso di essere in grado di cambiare in continuazione il modo di lavorare. Non tanto come sistema ma come persone. Meno formalismi, più flessibilità. La capacità di reagire è quasi più importante della capacità di pianificare».
Avete spinto molto sullo smart working: necessità, convenienza od opzione revocabile? Quali i pro e i contro?
«Siamo partiti in emergenza durante il Covid, come tutti, senza nessuna pianificazione strategica. Ma abbiamo imparato. Abbiamo spostato a casa più di 100 persone, con scrivanie e sedie. Lunedì e venerdì l’ufficio è chiuso, sono presenti solo 2 giorni settimana. Rimaniamo con questo modello, free location (da dove vuoi). Ha grossi vantaggi: puoi dare e chiedere flessibilità. Riusciamo ad attrarre risorse che non avremmo senza smart. Facciamo in ufficio i digital breakfast, lo spritz time. Sarà sempre così? E chi lo sa. Ma una cosa è certa: se uno non lavora, non lavora né in ufficio né a casa».
Avete sviluppato gli occhiali smart con Carrera e Alexa. A che punto è l'evoluzione e dove si arriverà?
«L’occhiale si indossa, è smart per definizione. Ma il suo sviluppo compiuto non avverrà a breve. È l’inizio di un percorso ma è un treno sul quale assolutamente stare. È solo una questione di tempi. Anche per quanto riguarda l’audio: ha una risoluzione pazzesca. Ma non sarà “domani”: penso tra 5-10 anni. Il tema non è tanto tecnologico, perché su un occhiale puoi mettere praticamente tutto. Devi trovare cosa serve al consumatore».
Perché per ora è dedicato solo al mercato Usa?
«È una scelta di Amazon, perché negli Usa ha una penetrazione molto diversa. Sono loro i driver che decidono dove puntare».
Quanto è diversa la Safilo di oggi da quella di 90 anni fa?
«Sarebbe stato un peccato buttare 90 anni di storia, ma se fossimo rimasti schiavi della storia non saremmo qua. Abbiamo cambiato pelle. Ora dovremo essere bravi a surfare in un mondo che continua a cambiare».