Bolla o non bolla, l'intelligenza artificiale si mette in discussione

Nel 1769 Wolfgang von Kempelen costruì per Maria Teresa d'Austria il primo automa della storia: il Turco, un umanoide in grado di battere il miglior giocatore di scacchi.

Il suo segreto? All'interno, invece, c'era nascosto un uomo di piccola statura in grado di muovere il turco e il dito che era completamente automatizzato. Uscendo dalla metafora, nell'ultimo anno i mercati e gli analisti di tutto il mondo si sono chiesti se la crescita senza sosta del settore dell'intelligenza artificiale sia solida e reale, o se si basa su un trucco, come quello del Turco meccanico, e porta verso una fine in stile bolla dotcom di inizio millennio. 
Sono passati quasi 25 anni da quella crisi. Oggi la situazione è molto diversa. Nel mezzo c'è stata una crisi finanziaria – quella del 2008 – e poi il periodo più importante di tagli al costo del denaro – sia negli Stati Uniti che in Europa – e infine una pandemia e la crisi globale che hanno portato nuovi rischi sui mercati . Che però hanno dimostrato una buona capacità di resilienza . Alla fine di questo processo durato venti anni è emersa l'intelligenza artificiale generativa, presentata come il cambiamento tecnologico in grado di rivoluzionare tutti i settori e capace di attrarre investimenti senza sosta. 

IL MERCATO 

Ma quanto vale il mercato dell’IA? Secondo i dati pubblicati di recente da Statista Market Insights, nel 2024 ha superato i 184 miliardi di dollari di valore a livello mondiale, con una crescita di 50 miliardi di dollari rispetto al 2023. Entro il 2030 si prevede che raggiunga 826 miliardi di dollari. A investire denaro e a fare profitti c’è in prima fila Wall Street. Dall’inizio dell’anno lo S&P 500, l’indice sul quale è quotata la maggior parte delle aziende tecnologiche, è cresciuto del 15%, questo nonostante la decisione della Federal Reserve di rimandare il taglio dei tassi al prossimo autunno, cosa che invece il mercato voleva nei primi mesi del 2024 per poter continuare a crescere. 
L’IA ha avuto un effetto calmante per i mercati sui ritardi della Fed e ha inoltre spinto Wall Street verso nuovi massimi: Nvidia, il colosso dei microchip, ha contribuito al 30% dei rialzi, mentre se uniamo Google, Microsoft, Facebook e Amazon abbiamo fatto oltre il 50% dei guadagni di quest’anno. Tutto grazie a investimenti di miliardi nel settore e a una ristrutturazione delle operazioni per fare spazio all’intelligenza artificiale. «Chiaramente l’intelligenza artificiale ha dato un grande impulso a molte delle più grandi aziende tecnologiche», ha detto al Wall Street Journal Holly MacDonald, capo della divisione investimenti di Bessemer Trust. Proprio Nvidia può darci il valore del cambiamento: due anni fa, il giorno prima che OpenAI lanciasse ChatGPT, le azioni del gruppo di processori viaggiavano a 160 dollari. Oggi, se non ci fosse stato lo split che le ha divise in dieci parti, avrebbero un valore di oltre 1.200 dollari (il primo luglio il titolo post-frazionamento valeva 120 dollari), in rialzo da allora dell’800%, facendo di Nvidia un’azienda da più di 3.000 miliardi di dollari. E in Europa? Si prevede che nel 2024 il settore tocchi i 42 miliardi di dollari ed entro il 2030 valga 190 miliardi. 

GLI INVESTIMENTI 

Ci sono poi i dati degli investimenti: secondo le stime della Stanford University, nel 2023 Unione Europea e Gran Bretagna hanno attirato 9 miliardi di euro in investimenti privati nel settore, mentre tra il 2018 e il terzo trimestre del 2023 circa 32 miliardi di euro in società europee di intelligenza artificiale, contro i 120 miliardi di euro in aziende di IA statunitensi. Lo scorso marzo anche l’Italia ha provato a fare la sua parte con l’annuncio di un fondo statale da un miliardo di euro per sostenere il settore. Tornando agli Stati Uniti, Washington ha appena approvato tre miliardi di dollari in finanziamenti a progetti federali con l’IA e il Senato propone un finanziamento di 32 miliardi all’anno per stimolare il settore. Ma ci sono anche segnali negativi. Secondo un sondaggio di Bank of America, il 40% dei gestori di fondi credono che le azioni dell’intelligenza artificiale siano in una bolla. Un numero elevato, visto che il 45% ha detto di no e il 15% ha detto di non avere gli elementi per poter dare un giudizio. Parlando con la versione americana di Business Insider, Erik Gordon, professore alla Ross School of Business della University of Michigan, ha detto che internet è stato una rivoluzione come l’IA e che nonostante le differenze ci potremmo trovare in una bolla: Gordon ricorda che in questo momento abbiamo il valore delle azioni in diversi casi come nel 2000 durante la bolla dotcom, ma a differenza di quel periodo a detenere il maggior valore di mercato non sono piccole aziende sconosciute ma i colossi di internet. 
Questo, sempre secondo Gordon, complica di molto la situazione visto che nonostante siano troppo grandi per fallire, se dovessero perdere valore rischierebbero di mettere in crisi l’intera economia e di colpire milioni di piccoli e medi investitori. C’è poi un’altra analisi pubblicata alla fine di giugno e condotta da Goldman Sachs: nei prossimi anni i colossi tech e altre aziende investiranno 1.000 miliardi di dollari in IA anche se non è chiaro se ci sarà un ritorno o sarà solo denaro bruciato. Due degli analisti, Daron Acemoglu di MIT e Jim Covello di Goldman, ritengono che potrebbero esserci dei ritorni anche se limitati per l’economia americana e che l'hype da IA continuerà ancora per molto con due possibili risultati: manterrà le sue promesse trasformando le nostre economie o si rivelerà una bolla così grande che ci vorrà molto tempo per farla scoppiare. 

LA REGOLAMENTAZIONE 

In tutto questo c'è la questione di come regolare un settore in crescita che pone questioni etiche e, secondo alcuni analisti, minaccia la nostra privacy e milioni di posti di lavoro che potrebbero essere confrontati nei prossimi anni. L'Europa ha compiuto il primo passo verso la fine di maggio, quando è arrivato il via libera definitivo all'Artificial Intelligence Act ( AI Act ), il primo regolamento a livello mondiale per porre dei limiti e valutare i rischi dell'IA. La stessa cosa vorrebbero fare gli Stati Uniti, nonostante storicamente ci sia la tendenza a intervenire poco nel settore privato e si punti ad agevolarne la crescita rendendo la mano dello Stato quasi invisibile. 
L'altro grande timore di un gruppo di miliardari della Silicon Valley , vicini alle posizioni della filosofia longterminista, è la possibilità che l'IA ci porti verso un'estinzione di massa. Una posizione che non si basa su alcun dato tangibile e che è stata spesso criticata perché cerca di fare previsioni su tempi troppo lunghi per poter essere attendibili. Invece una ricerca pubblicata ad aprile da Laura Veldkamp della Columbia Business School afferma che l'IA potrebbe essere così trasformativa per l'economia da poter essere paragonata alla rivoluzione industriale, un unicum nella storia dell'umanità. Veldkamp prevede una diminuzione del 5% degli stipendi, cosa che aumenterà la disparità, ma escluderà che ci saranno licenziamenti di massa parlando invece di «costi di transizione» verso il nuovo modello.

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