Gabrielli: «Così il piano cyber». Severino: «E adesso le regole»

Intelligenza artificiale e cyberwar. Non sono stati solo gli scenari economici al centro dell’attenzione nel dibattito sulle sfide per l’Italia nel prossimo decennio organizzato da MoltoEconomia. A discuterne sono stati il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Franco Gabrielli e la presidente della Scuola nazionale dell’amministrazione e vice presidente della Luiss, Paola Severino. Dopo aver premesso che non c’è ormai più niente di virtuale e che si tratta delle vita reale, Gabrielli ha sottolineato che il tema è avere «un sistema capace di resistere agli attacchi, di avere infrastrutture capaci di resistere e comportamenti consapevoli». Non si tratta infatti solo di eventi bellici ma anche degli attacchi osservati negli ultimi tempi per esempio alle Ferrovie, alle strutture sanitarie e ai ministeri. «Molto spesso questi attacchi – ha sottolineato Gabrielli – affondano nella non corretta gestione del capitale umano. Quindi se non si fa un salto di qualità nell’uso degli strumenti saremo alla mercé di chi ci vuole male».

Severino ha posto invece l’accento sulla necessità di armonizzare le legislazioni. «Se la comunicazione corre lungo l’etere in tutto il mondo se non abbiamo una regolamentazione globale credo che perdiamo tempo senza ottenere risultati». Severino ha ricordato quindi che l’Europa si è mossa con delle raccomandazioni che si sono trasformate in norme e in circuiti di sicurezza nazionali. «Dove ci sono notizie delicate da tutelare e da proteggere occorre che ogni paese d’Europa crei un circuito di sicurezza oltre il quale queste informazioni non devono andare – ha rilevato – Poi c’è anche un profilo culturale. Se chi è legato a un circuito di sicurezza nazionale non segue le regole, va a casa e si porta il suo computer dal quale si può accedere, ecco che si può penetrare dovunque. C’è quindi un problema di normative ma anche di cultura. L’educazione al digitale deve essere implementata».

IL CONFLITTO

Tornando all’attualità e al conflitto in Ucraina, si è parlato poi di possibili attacchi cyber all’Italia dalla Russia. Gabrielli ha ammesso che non si può escludere che «in prospettiva possano esserci attacchi» alle infrastrutture strategiche ma ha precisato che dipenderà «da quel che avviene sul terreno». «Non bisogna entrare in un loop e fasciarsi la testa prima che si sia spaccata», ha aggiunto rilevando che gli attacchi registrati che colpiscono strutture nazionali importanti, anche se «continui e numerosamente significativi», in un certo contesto possono essere considerati fisiologici.

Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ha quindi illustrato il piano per la sicurezza cibernetica pubblica che si basa su quattro pilastri: Agenzia per la cybersicurezza nazionale, appena costituita, Difesa, Interno e il comparto dell’intelligence. La Strategia nazionale sulla sicurezza cyber, che sarà approvata nei prossimi giorni, chiama in causa tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti e si muove su tre linee guida: protezione, risposta e sviluppo. «Una strategia che si sostanzia in 85 azioni che non riguardano solo l’agenzia ma tutti i soggetti pubblici che sono coinvolti nella sicurezza cibernetica». Il sottosegretario ha poi spiegato il senso delle tre linee guida: la protezione, che comprende «tutto quello che il paese deve realizzare per avere infrastrutture più performanti e resilienti»; la risposta, che non deve essere rivolta solo alla gestione degli incidenti ma anche degli attacchi; e lo sviluppo, «che riguarda la futura Accademia, il mondo privato e tutti quelli che dovranno concorrere a questa agognata autonomia tecnologica». Gabrielli ha messo in evidenza infine una carenza che riguarda la forza lavoro. «C’è un deficit pazzesco di forza lavoro qualificata», ha detto. Serve insomma una «crescita culturale del paese», ha concluso, perché avremo l’intelligenza artificiale e l’internet delle cose ma le persone saranno sempre e comunque l’elemento che farà la differenza».

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