Italia 2030, la rivoluzione obbligata. Giovannini: «Infrastrutture e talenti: così il nostro Paese attrarrà investimenti»

«Italia 2030. La Rivoluzione Obbligata» è il titolo del webinar sulle testate del gruppo Caltagirone Editore (Messaggero, Mattino, Gazzettino, Corriere Adriatico, Quotidiano di Puglia).

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza non è un obiettivo raggiunto, ma una tabella di marcia, che scandisce le tappe di una rivoluzione obbligata. Se la regia del cambiamento è delle istituzioni, per l’attuazione è fondamentale la partecipazione delle imprese. Sono tante le sfide da superare insieme: traguardi e obiettivi, condizioni da rispettare già entro la fine dell’anno per non disperdere i fondi europei. A che punto siamo? Ma oltre al percorso, iniziamo a scoprire il disegno.

Gli ospiti sono stati Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili; Carlo Messina, AD Intesa Sanpaolo; Angelo Trocchia, AD Safilo Group; Massimo Nordio, Vice President Group Government Relations and Public Affairs Volkswagen Group Italia SpA; Livio Proli, AD Missoni; Giovanna Della Posta, AD Invimit Sgr; Pasquale Salzano, Presidente SIMEST; Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’Economia; Stefano Donnarumma, AD e DG Terna; Vincenzo Onorato, AD Eteria; Fabio Lazzerini, AD ITA Airways; Matteo Del Fante, AD e DG Poste Italiane; Paola Severino, Presidente Scuola Nazionale dell’Amministrazione e vice Presidente Luiss; Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano. Hanno moderato la giornalista Maria Latella e Osvaldo De Paolini, Vicedirettore Vicario de Il Messaggero.

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Le grandi infrastrutture

Il primo ospite è stato Enrico Giovannini, Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili. «Abbiamo 62 miliardi del Pnrr. Distribuiremo il 98% dei 62 miliardi ai diversi soggetti attuatori: abbiamo già distribuito a Comuni e Regioni e il 16 dicembre arriveremo a completare la distribuzione. Distribuire vuol dire che dietro a questi fondi ci sono già progetti individuati. Faccio l'esempio delle piste ciclabili: i fondi vengono attribuiti in quanto ci sono già progettazioni, saltando una fase che storicamente prevede lungaggini. Per le riforme siamo in dirittura d'arrivo sulle cinque di nostra competenza e ne abbiamo già fatte due del 2022».

«Come sarà l'Italia nel 2030? Un Paese in cui si vivrà meglio e le aziende avranno migliori interconnessioni, più possibilità di connettersi con porti, aeroporti, ferrovia, in modo da ridurre costi di trasferimento di merci e passeggeri. Sarà un Paese più sostenibile grazie al rinnovo del parco rotabile ma anche dei sistemi di riscaldamento. Sarà un'Italia dinamica, capace di attrarre talenti e realizzare investimenti importanti in ricerca e innovazione. La sostenibilità è l'unica via da seguire: è un investimento che può portare posti di lavoro, nuove occupazioni specialmente al Sud. Vedo un Paese meno diseguale: noi investiamo il 56% dei 62 miliardi nel Mezzogiorno a fronte del 40% medio».

Sostegno sociale contro produzione e crescita. Non sarebbe stato giusto spingere più nella seconda direzione? «Queste discussioni perdono di vista il senso generale: non possiamo giudicare un singolo intervento fiscale, economico, di stimolo, dimenticando tutti gli altri. Per esprimere un giudizio complessivo dovremmo vedere quanto degli interventi dell'intera legge di bilancio vanno direttamente a lavoratori e imprese, sapendo che se i fondi vanno dati a imprese innovative i benefici sono anche per i lavoratori, presenti e futuri».

L’occasione da cogliere per la rivoluzione obbligata

È intervenuto poi Carlo Messina, AD Intesa Sanpaolo: «La crescita del 2021 poteva essere immaginata nel caso in cui la campagna vaccinale permettesse di non essere chiusi in casa, senza fare consumi e investimenti. L'accelerazione che vediamo oggi, dalle grandi alle piccole imprese, è alla base della crescita. E poi c'è un elemento di reputazione e fiducia che sta accelerando le condizioni della crescita nel nostro Paese. La crescita dipende dai punti di forza del Paese, ma se non acceleriamo i progetti del Next Generation Italia, tutto questo dovrebbe diventare un punto di debolezza. Dobbiamo fare ognuno la propria parte, siamo in un percorso positivo ma dobbiamo stare attenti ancora. C'è un ritorno agli investimenti, un'accelerazione delle imprese da quelle di più grandi dimensioni, che utilizzano i depositi presso le aziende bancarie. Da lì anche le piccole e medie aziende, che sono la forza del Paese: sono un elemento di forza perché hanno dimostrato di riuscire a fare le cose meglio degli altri in Europa e nel mondo. L'Italia nel 2030? Ridurre e azzerare la povertà sarà impossibile, ma spero di vedere un Paese in cui la povertà non sia più un elemento drammatico. Per questo sono favorevole ad elementi come il Reddito di Cittadinanza, applicato con criterio. Poi bisogna accelerare sulle possibilità di dare posti di lavoro dignitosi, le persone devono essere soddisfatte e orgoglioso del lavoro».

Le imprese: protagoniste del cambiamento

Il terzo intervento è stato di Massimo Nordio, Vice President Group Government Relations and Public Affairs Volkswagen Group Italia SpA: «Importante la decisione di aver allocato 750 milioni di euro per una rete di ricarica capillare e diffusa e di qualità, perché è quella che fa la differenza: cioè caricare l'auto in tempo limitato, cioè 30 minuti. Ma non è l'unico aspetto che va preso in considerazione. L'altro è quello per il sostegno dell'acquisto dei veicoli elettrici, che hanno un prezzo più alto rispetto a quelli a combustione interna ma ora il gap si sta riducendo. Tra 2-3 anni il prezzo sarà equivalente se non minore».

Angelo Trocchia, AD Safilo Group, su digitalizzazione e smart working: «Il Covid ha dimostrato che lo smart working funziona. Il processo nato per rispondere a un'emergenza ci ha dato un insegnamento: se una persona è contenta di stare a casa, riesce a lavorare benissimo e anzi ancora meglio. Digitalizzazione e smart working devono andare mano nella mano con la formazione. Bisogna spiegare a un leader che gestire una popolazione in smart è diverso da una popolazione in ufficio. Il 70% dei nostri dipendenti ci ha detto di essere contenti dello smart, quindi noi facciamo 3 giorni in smart e 2 fisici. C'è bisogno di momenti in cui le persone si vedano, abbiano un contatto professionale. Il nostro modello cerca di bilanciare le due cose e credo che funzioni. La cosa importante è la prospettiva: noi stiamo assumendo giovani a cui chiediamo di venire in ufficio solo un giorno in ufficio: anche dal Sud non hanno bisogno di trasferirsi al Nord, se sei un Data Analyst puoi lavorare da dove vuoi. Abbiamo aperto un digital coaching hub, prendendo dei giovani dalle università e non e li forniamo internamente e trovanno un bilanciamento tra formazione e lavoro. Abbiamo un programma a tre anni che poi formerà un bacino di giovani digitali che ci aiuteranno nella trasformazione».

 

Quale ricetta per una crescita durevole

Interviene Livio Proli, AD Missoni: «La riorganizzazione deve riflettere una visione che deve essere alla base di ogni progettazione. Abbiamo preso in mano un brand che nella storia dei propri fondatori ha l'eredità chiara della visione, un indirizzo strategico che non ha bisogno di correzioni. Abbiamo adattato il brand rispetto al contesto esterno, abbiamo fatto un lavoro di evoluzione della continuità. Con la pandemia ci siamo adattati alle sfide contemporanee: abbiamo lavorato sugli elementi della digitalizzazione e quella dei mercati asiatici e della Cina, ma sotto il cappello di Lifestyle Missoni. È un marchio globale che oggi si fa riconoscere, la sua forza è nell'artigianalità e del Made in Italy. La nostra strategia di proiezione al futuro è focalizzarci sulla nostra identità, farci riconoscere in modo autentico ed essere ambasciatori del manufactoring del nostro Paese. Come stanno cambiando i consumi? Noi siamo rimasti nel settore del lusso, coccolando la clientela consapevole della propria identità con una capacità critica di acquisto. Ci siamo messi verso lo studio e il dialogo con i millennial, ma non abbiamo strizzato l'occhiolino alla generazione Zeta: ci siamo detti di non entrare in quell'allargamento, abbiamo solo esteso il dialogo dal nostro cliente tradizionale anche per avere stimoli creativi e della shopping experience. Essendo un brand di lusso dobbiamo fare tanto ma non dobbiamo cadere nell'errore di fare troppo. Il mondo è bello perché ci sono opportunità per tutti ma ognuno sceglie il proprio campionato e deve giocar bene la propria partita: si può essere migliori anche in un campionato minore. Con la pandemia si stanno ridefinendo mercati e consumi: ora per motivi sanitari è difficile studiare mercati come quello cinese, americano. La pandemia ci ha insegnato che quello che conta è la salute psicofisica e il benessere. L'attenzione allo star bene, al vivere serenamente e con comodità dovrebbe contaminare tutte le aree geografiche del mondo. Su questa premessa andremo a investire in tutti i mercati di tutte le aree geografiche possibili portando questa esperienza, cioè un prodotto di lusso che permetta di vivere nel benessere psicofisico con tolleranza e serenità. Chi lavora in Missoni viene contaminato dai valori ed è un piacere poi lavorare con questo brand, spero di essere un grande ambasciatore che possa avere durata al di là delle prossime generazioni». 

Internazionalizzazione delle imprese e valorizzazione del patrimonio immobiliare: due leve concrete di sviluppo

Giovanna Della Posta, AD Invimit Sgr: «È importantissimo attrarre capitali dall'estero e investire sull'economia reale, che è il motore per affrontare i propri dieci anni e affrontare la rivoluzione del 2030. Bisogna stare al passo con l'offerta internazionale, ma abbiamo bisogno di stabilità e di fiducia nel nostro Paese e che gli investitori sappiano che quando arrivano in Italia trovano l'humus per instaurare un rapporto di fiducia che duri nel tempo. I Paesi che mostrano più interesse per il nostro mercato immobiliare? Gli Stati Uniti sono al primo posto, ma gli 8 miliardi di investimenti che riscontriamo vanno valutati con i 16 miliardi solo nella città di Londra. Eppure abbiamo delle bellezze che possono competere eccome».

Pasquale Salzano, Presidente SIMEST: «Con i nostri fondi è possibile introdurre nelle piccole e medie imprese delle figure professionali di digital export manager che permettano la trasformazione ormai necessaria. Ci troviamo in un momento in cui la trasformazione è obbligata, meglio farlo subito con fondi messi a disposizione dall'Europa che farlo negli anni successivi i fondi pubblici potrebbero essere meno disponibili. La pandemia ha cambiato l'imprenditore che si rivolge a noi: prima si rivolgevano mille imprese di media, negli ultimi due anni siamo arrivati a 13mila: sono soprattutto le più piccole imprese che hanno una necessità trasformativa. Hanno la capacità di conquistare i mercati singolarmente, ma senza l'aiuto finanziario strutturato che realtà come SIMEST e tutto il gruppo può dare alle aziende, sarebbe più complicato entrare nei mercati più complessi come quelli asiatici o statunitensi. Rispetto al passato il Sud si sta affacciando con molta più determinazione sui mercati internazionali e per affiancarli Simest propone uno strumento di affiancamento vero, entrando nel capitale delle imprese fino al 49%: così facendo le aziende possono avere un socio internazionale nei mercati meno facili e non solo un partner finanziario».

La sfida comune dell’Europa

Paolo Gentiloni, Commissario europeo per l’Economia: «Il problema del debito non può essere ignorato, sarebbe un errore considerare che la questione l'abbiamo lasciata alle spalle. Anzi, la pandemia ha aumentato in diversi Paesi europei tra il 10 e il 18% il livello del debito. La discussione sarà come ridurre il problema, ma certamente non possiamo ignorarlo. L'obiettivo è avere un buon livello di crescita e le premesse in Italia sono positive. Non dobbiamo esagerare nel considerare questo quadro positivo, che è comunque il secondo tempo di una situazione particolarmente difficile. Nel 2020 c'è stata una caduta e nel 2021 la ripresa sarà del 6,3% secondo le stime. Ma non contano solo le cifre ma anche la dinamica, cioè un tasso di crescita che la mia generazione non ha mai visto e si prolungherà almeno al 2022 con una crescita prevista sopra il 4% e rimarrà traccia anche nel 2023 con un livello del 2,4-2,6%. L'attenzione ai bilanci è importante, la discussione sulle regole saranno fondamentali e le premesse sono incoraggianti: quando hai un tasso di crescita così, ti puoi ripromettere di ridurre il deficit e avviare una riduzione del debito non con una crescita striminzita degli ultimi venti anni».

«Abbiamo un'altra grande crisi alle spalle – continua Gentiloni – e l'Europa ci mise molto tempo per riprendersi. Automaticamente le crisi non è vero che producono avanzamenti: dobbiamo essere orgogliosi perché le risposte sono state importanti. Risposte straordinarie da due punti di vista: la sanità, perché la Commissione europea che ha poteri molto limitati in campo sanitario ha fatto due operazioni straordinarie. L'acquisizione comune dei vaccini e il certificato europeo del Qr code che consente di incrementare le campagne di vaccinazione, perché se non ce l'hai hai meno diritti e con quello ci si può muovere più liberamente. E secondo quello del debito comune: abbiamo raccolto 260 miliardi di bond europei per due strumenti. Questo risolverà facilmente la discussione sul Patto di stabilità, ma avremo sempre a che fare con le diverse visioni europee che derivano da differenze culturali e differenze sul debito. Sono fiducioso che la consapevolezza dei problemi sia comune. Omicron? Dobbiamo sapere che le conseguenze economiche di questa ripresa di pandemia non sono paragonabili a quelle che abbiamo vissute nei primi lockdown. La riduzione di mobilità e l'aumento di restrizioni non ha paragoni, perché l'economia in un certo senso si è adattata». 

«L'accordo con la Francia è molto positivo, lanciammo l'idea nel 2017 in un incontro col presidente Macron. Eravamo all'indomani di mesi di discussioni accese tra Italia e Francia che riguardavano i cantieri navali di Saint-Nazaire. Volevamo evitare che competizioni sul piano politico ed economico andassero in una direzione negativa. Bene questi accordi, vanno in una direzione di interesse dell'Europa e non solo bilaterale. L'Europa ha fatto alcuni passi avanti fondamentali negli ultimi anni ma ha ancora molte partite aperte. Un'altra questione fondamentale da risolvere entro il 2030 non è solo quella della crescita sostenibile e duratura che vada oltre i numeri del Pil e riguardi sostenibilità ambientale e benessere ma anche quella che definiamo autonomia strategica dell'Europa. Non c'è dubbio che ci troviamo di fronte a un mondo in cui le sfide geopolitiche saranno sempre più consistenti e l'Unione Europea in alleanza con gli Usa non può non avere più forza dal punto di vista geopolitico. Mettendo insieme politica della difesa, politica monetaria e di cooperazione economica».

Progettualità e investimenti: fattori cruciali per la sfida della transizione ecologica

Stefano Donnarumma, AD e DG Terna: «Per il settore energetico il 2021 è stato come un laboratorio di successo. Nel primo lockdown si è manifestata una condizione eccezionale che è quella nella quale il nostro sistema si troverebbe se non avessimo fatto tra dieci anni quello che dobbiamo fare. L'energia rinnovabile che veniva prodotta era più di quelle che erano le necessità e per questo ci trovammo in condizioni di stress. Sostanzialmente abbiamo buttato energia green perché non si poteva utilizzare. Il vero progetto nazionale è fare in modo che questa condizione non si verifichi. Anzi, abilitare il sistema affinché possa aumentare la produzione di rinnovabili e fare in modo che poi si possano utilizzare. Nel 2020 abbiamo gestito l'emergenza e lo abbiamo fatto bene, il 2021 è stato l'anno di accelerazione. Terna ha aumentato del 25% il quantitativo di investimenti, arriveremo al miliardo e mezzo di investimenti e abbiamo programmato fino al 2025 altri 9 miliardi di investimenti sulle reti. E ogni euro che impegniamo ha un effetto sul Pil di tre volte maggiore. Un punto percentuale del consumo energetico corrisponde a un punto percentuale di aumento del Pil. Vedo un andamento molto positivo, una crescita continua».

Sul caro bollette: «Il gas ci impatta perché non abbiamo fonti proprie, ma lo importiamo. Il governo però ha già trovato delle soluzioni, cioè impattare sugli oneri di sistema coprendoli con altri fondi che lo Stato può mettere in campo. Dobbiamo capire la soluzione vera a questa patologia: fare in modo che il caso specifico ci faccia aprire la mente per fare in modo che non accada più in futuro. E l'unico modo è prodursi energia autonomamente. E il modo è installare molta energia rinnovabile, fotovoltaica ed eolica. Sono lavori che servono ad irrobustire le infrastrutture dal Sud verso il Nord. La famiglia media italiana aveva un costo dell'energia tra i 400 e i 500 euro l'anno, ora facendo il calcolo siamo a 800 euro. Il costo dovuto alle infrastrutture valeva 10 euro sulla bolletta di un anno fa e vale 10 euro su quelle di quest'anno: ciò vuol dire che è frutto tutto di materia prima. Detto questo, se invece di produrre il 35% di energia rinnovabile, ne producessimo il 65% che è l'obiettivo del 2030, quell'impatto sulla nostra bolletta sarebbe stato meno della metà e quindi gradatamente sempre meno».

Grandi opere e la nuova compagnia di bandiera: fondamenta per l’Italia 2030

Fabio Lazzerini, AD ITA Airways: «Una compagnia deve connettere il proprio Paese e l'Italia paga una penuria sui collegamenti intercontinentali: nel nostro piano c'è un progetto di equilibrio. Possiamo garantire una compagnia efficiente, con collegamenti interni e intercontinentale. E che non metta le mani nelle tasche degli italiani. Siamo nati dalle tasche degli italiani ma essere efficienti vuol dire essere sul mercato con le proprie forze. Chi viene in Italia ora lo fa per molti più giorni del 2019, prende base in un punto e poi gira nei dintorni. Se il turismo cambia in questo modo e non abbiamo le infrastrutture per connettere i collegamenti, perderemmo dei clienti. Stiamo ragionando con Ferrovie in questo senso. Come portare più turisti in Italia? Prima si andava in un Paese per due giorni e basta, ora si è tornati alle soste lunghe. Ora il desiderio è di vivere come gli italiani, questo può essere un modo. Si va a New York per vivere come i newyorkesi».

Vincenzo Onorato, AD Eteria: «Negli ultimi due anni cominciamo a vedere volumi precedenti alla crisi, quella del 2008. Si è andati avanti per misure emergenziali e anche l'introduzione dei commissari sono i sintomi di una patologia. Oggi c'è un'opportunità unica che è la legge delega in materia di lavori pubblici per riscrivere le regole del gioco. Ma manca al dibattito, affinché venga scritta una norma efficacia, il tema del che stiamo affrontando ora. I player del settore sono regolamentati dalle norme, se non si parte da una presa di consapevolezza del settore oggi e di cosa deve essere domani, si introdurranno norme che hanno effetti parziali. Non è un caso che in Italia non vengano operatori stranieri, perché è un settore con una scarsa redditività e alto rischio, viene visto in maniera patologica. Questa prolungata crisi, amplificata dalla cultura del massimo ribasso rafforzata dal codice appalti, ha portato a una desertificazione: 650mila posti di lavori persi, le imprese medie sono passate da 41 a 17, si sono perse grandi aziende. E non basta investire nel breve per ricostruire quel tessuto imprenditoriale. Il Pnrr porta non solo investimenti ma anche la riscrittura del quadro regolatorio: è il momento di discutere delle regole del gioco che non sono solo la velocizzazione del processo ma norme che rendano più equilibrato il mercato».

Digitalizzazione e sostenibilità: obiettivi sfidanti per la crescita e la competitività del Paese 

Matteo Del Fante, AD e DG Poste Italiane: «Il tema della sostenibilità da noi è declinata in maniera molto ampia. Abbiamo mezzi elettrici, i nostri uffici sono rimasti aperti durante la pandemia e questo è un ruolo sociale che vogliamo tenere. Ma non posso non citare il fatto che in un'accezione ampia di sostenibilità, quello che abbiamo fatto per il piano vaccinale. Supportiamo 10 regioni su 20, abbiamo fatto più di 35 milioni di vaccini e questo è parte del contributo di sostenibilità che la nostra azienda dà. Sulla digitalizzazione dobbiamo imparare dai grandi della tecnologia: se vuoi avere quel tipo di esperienza online e nell'ufficio postale devi partire con le migliori competenze. Abbiamo cominciato un programma 4 anni fa di rafforzamento del reparto informatico con grande sforzo di assunzioni di competenze che hanno prodotto degli strumenti facilmente utilizzabili da chi è allo sportello. Stiamo continuando a fare un accompagnamento sul campo e Spid può diventare uno strumento di riconoscimento anche lì. Sportelli non più fisici? Abbiamo una visione di un'azienda che chiamiamo azienda-piattaforma: è importante che il cliente abbia servizi che rendano la vita più facile. Per tanti anni, tanti italiani avranno bisogno di un punto dove andare a risolvere un piccolo problema. L'esperienza di Spid ci ha insegnato che l'80% dei clienti ha fatto l'ultimo pezzo di processo in presenza. Sta a noi alzare il livello di qualità di interazione con i cittadini».

Formazione e futuro: l’Italia da disegnare

Paola Severino, Presidente Scuola Nazionale dell’Amministrazione e vice Presidente Luiss: «Anche la Sna si deve trasformare in una piattaforma di erogazione servizi. La formazione non avverrà più attraverso l'insegnamento da cattedra ma sarà integrato: stiamo già programmando il 2022 in cui inseriremo laboratori, professionalità di pratica, operatività tra pubblico e privato. Le esperienze della leadership pubblica dovranno essere unificata alla privata. Vorremmo rendere l'ossatura dello Stato più protesa verso il futuro: è un compito difficile, ma io sono partita subito. Il mio mandato durerà quattro anni ma lo proietto al 2030. Ho dedicato molto tempo alla scuola, concentrando tutte le energie di chi ho trovato qui dentro. Ci sono 120 corsi nuovi che si occuperanno di trasformazione digitale, di modalità di comportamento. Mettere in contatto il mondo del pubblico e del privato vuol dire insegnare a tutti a parlare la stessa lingua e formare gli enti locali rendendoli omogenei a quelli del centro. Immagino la Sna come un hub nel quale devono convergere università, imprese, cyber security, enti locali, per formare una interdisciplinarietà dell'amministrazione pubblica. Ci sarà un cambio generazionale, formare la nuova pubblica ammistrazione sarà più facile. Prima formavamo ricercatori e poi andavano all'estero: ora dobbiamo avere più denaro da investire nei dottorati di ricerca per rendere più stimolanti i percorsi dei nostri giovani». 

La lunga stagione delle riforme

Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano: «Il processo di modernizzazione e digitalizzazione è iniziato, il fulcro è il Pnrr che si muove nella direzione giusta. L'obiettivo è portare la crescita del Paese verso il 2% annuo e si cerca di farlo attraverso un aumento della dotazione di capitale al lavoratore italiano, sia come investimenti pubblici che privati oltre a tutta la parte del capitale umano, cioè investimenti in persone. E quindi formazione e ricerca. In termini di risorse ce ne sono tante e io ne avrei messi di più nel settore del capitale umano rispetto a quello delle infrastrutture. Il nostro debito è altino, lo era già prima della crisi. Io sarei stato più prudente in termini di deficit pubblico per l'anno prossimo, c'è ancora incertezza. In termini di Pil, se non ci sono sorprese, il primo e secondo trimestre dovremmo raggiungere un livello del 2019, però finché la Bce va avanti a finanziarci il debito siamo a posto. Sull'aspetto demografico è fondamentale vedere se i figli medi per donna ricominciano a crescere e il segno di ripresa non c'è. L'assegno unico aiuta con 6 miliardi la natalità, nel Pnrr c'è il piano asili nido: nel 2025 dovremmo raggiungere una copertura del 38% tra asili pubblici e privati. Siamo oberati dal debito pubblico che ci frena, il fatto che la popolazione anziana richiede una spesa elevata per le pensioni».

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