La proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2021 della moratoria su mutui e prestiti non sarà automatica. Per ottenerla andrà presentata una richiesta alla banca entro il 15 giugno. E già questa è una novità rispetto alle proroghe precedenti. Poi la sospensione riguarderà solo la quota capitale: dal primo luglio, quindi, il pagamento degli interessi andrà comunque assicurato. Questo per superare le norme europee sugli aiuti di Stato e blindare l’estensione, a rischio illegittimità. Altra regola: potranno beneficiare della proroga della moratoria solo le imprese e i professionisti già ammessi. Per i finanziamenti con garanzia pubblica il decreto Sostegni bis ha anche previsto la possibilità di allungarli da 6 a 10 anni. Per un’impresa su tre la moratoria era necessaria perché in assenza di un rinvio non sarebbe stata in grado di rispettare gli impegni: è la conclusione di un’indagine promossa dalla Cna che ha coinvolto cinquemila società, principalmente con meno di 10 addetti. E comunque la proroga non avrà effetti identici per tutti.
I CONTI
La quota della rata relativa agli interessi che dal primo luglio tornerà a dover essere corrisposta, ha infatti un peso variabile che nei casi più favorevoli equivale al 10-15% dell’importo dovuto, mentre se il piano di rimborso è all’inizio può risultare superiore al 50-60% dell’ammontare complessivo della rata. Nell’indagine della Cna si sottolinea pure che oltre il 70% delle imprese intervistate ha accusato una contrazione del fatturato nei primi quattro mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019 e per oltre il 45% del campione la flessione supera il 30%. Dati che lasciano intravedere solo in lontananza il ritorno alla piena normalità. La proroga della moratoria e della garanzia pubblica sui nuovi finanziamenti rappresenta perciò una misura necessaria per scongiurare l’esplosione di migliaia di casi di insolvenza, sostiene la confederazione. L’ultima rilevazione del Tesoro sulle moratorie attive indica che al 7 maggio queste valevano complessivamente 146 miliardi di euro. Coinvolti, si stima, 1,4 milioni di richiedenti, tra famiglie e imprese. Le moratorie attive a favore di società non finanziarie riguardano prestiti per circa 117 miliardi, mentre quelle a favore delle famiglie pesano per 23 miliardi. Il ministero dello Sviluppo e il Mediocredito centrale segnalano che sono complessivamente 2,1 milioni le richieste di garanzie pervenute al Fondo tra il 17 marzo 2020 e il 18 maggio 2021, per un importo complessivo di oltre 168,5 miliardi di euro, di cui 167,5 miliardi approvati. Oltre un milione di richieste si riferiscono a finanziamenti fino a 30 mila euro. Il pericolo di un brusco aumento delle sofferenze bancarie costituisce una bomba da disinnescare a tutti i costi anche per Bankitalia che alla fine di aprile, in occasione della presentazione del Rapporto sulla stabilità finanziaria, aveva lanciato l’allarme. Via Nazionale punta l’indice sul tasso di deterioramento dei prestiti che ha registrato negli ultimi mesi una crescita, in particolare per le esposizioni verso le imprese dei settori più colpiti dalla crisi, e per questo insiste ancora sulla necessità di non rimuovere le misure di sostegno con eccessivo anticipo.
LE MODIFICHE
Per quanto riguarda invece i nuovi prestiti, richiesti dopo il 30 giugno, il quadro cambia. In questo caso la garanzia scende dal 100 al 90% per i prestiti entro i 30 mila euro, dal 90 all’80% per gli importi superiori (a prescindere dalla durata prescelta). Per i nuovi prestiti entro i 30 mila euro chiesti dal primo luglio non è più previsto per giunta il tetto massimo fissato dalla norma al tasso di interesse. In pratica sparisce il limite, pari a circa il 2%, che teneva a bada gli interessi praticati dalle banche sui prestiti garantiti dallo Stato fino a 30 mila euro. Per Unimpresa questa non è una buona notizia. «L’effetto cumulativo delle disposizioni introdotte dal governo con il decreto Sostegni bis», spiega il vicepresidente Salvo Politino, «si tradurrà in una contrazione della liquidità delle imprese italiane, che non solo si troveranno a pagare maggiori tassi sui nuovi finanziamenti garantiti, peraltro con minore protezione dello Stato e quindi con un taglio quasi certo all’importo erogato, ma dovranno anche cominciare a versare gli interessi sui finanziamenti congelati, con conseguenze negative sulla cassa, ovvero sul denaro che gli imprenditori utilizzano per pagare gli stipendi dei dipendenti e per saldare le fatture dei fornitori».