Dal seme allo scaffale declinando insieme, in un mix equilibrato, sostenibilità, innovazione e un’attenzione alla terra e ai prodotti che da essa provengono davvero singolare. Perché BF Spa, un campione nazionale nella filiera agricola e alimentare made in Italy, è un unicum, originale e invidiato, nel panorama internazionale. Una storia che parte da lontano perché BF, meglio nota come Bonifiche Ferraresi, è l’erede di una intuizione di tanti anni fa – siamo tra la fine e l’inizio del 900 – quando nascono e si sviluppano proprio per bonificare paludi e vaste aree della campagna emiliana. Successivamente, nel 1942, la Banca d’Italia diventò il maggiore azionista e nel 1947 la società agricola approdò alla quotazione a Piazza Affari. Fatto all’epoca davvero singolare ma in un certo senso anticipatore di una visione moderna, di certo rivoluzionaria rispetto ai tempi e al contesto economico e produttivo.
LE TAPPE
Nel giugno 2014, BF Holding Spa (ora BF Spa, una newco costituita da una cordata di investitori privati), ha rilevato dalla Banca d’Italia la quota di maggioranza del capitale di Bonifiche Ferraresi. Oggi a guidare questa realtà è Federico Vecchioni, 54 anni, padovano, amministratore delegato e azionista con il 12,86% di BF Spa, l’unico gruppo agro-industriale quotato in Borsa in occidente. Ma non è solo per questo che la società si differenzia da tutte le altre realtà del settore. «In effetti – spiega a MoltoEconomia Vecchioni, regista e promotore di questa nuova fase di crescita – il ruolo è davvero centrale nel sistema: presidiamo la terra, garantendo le produzioni, la loro sostenibilità, ci occupiamo del genoma, dei semi, trasformiamo e distribuiamo i nostri prodotti, dai campi fino al cliente finale con un nostro marchio originale Le Stagioni d’Italia e per le maggiori private label nazionali». Tutto questo è il frutto di una cultura, di una contaminazione positiva e virtuosa di tre mondi: quello agricolo in primis (Bonifiche Ferraresi è la più grande azienda agricola nazionale per estensione) con la finanza e con le logiche industriali. Un cocktail che funziona perché alla base di tutto, oltre alla passione per la terra, bene primario e sempre più scarso, c’è quella per le nuove tecnologie, la ricerca, lo studio». Linee guida che coinvolgono tutti i processi produttivi. «Vogliamo esportare questa struttura, questa forma di conoscenza, per migliorare l’agricoltura del Pianeta, un patrimonio di capacità maturate nel tempo e che intendiamo valorizzare».
L’ATTIVITÀ
Tutto, ovviamente, parte dalla terra, dalle origini. «Attualmente siamo presenti in Emilia, Toscana, Sardegna e Piemonte, ma intendiamo crescere anche in altre regioni, sempre seguendo la filosofia delle nostre filiere». E i settori di interesse sono pasta, cereali, riso, ortofrutta, miele, zootecnia e piante officinali. Oltre alle alleanze con gli operatori, grandi e piccoli, che condividono gli stessi valori, si guarda all’espansione al Centro-Sud e al Nord-Est. Vecchioni, che dal 2014 guida quella che è ormai considerata la più importante piattaforma di produzione e di servizi per il comparto agro industriale nazionale, si guarda bene dal fare nomi. In poco più di sette ha portato un’azienda agricola tradizionale con un valore di produzione di circa 9 milioni di euro a superare, nel 2021, il mezzo miliardo. Controlla i più importanti player italiani dalla genetica del seme fino a un proprio brand distributivo, passando dalla proprietà dei terreni (da 4.500 ettari a quasi 10.000 suddivisi in 3 regioni), degli impianti di produzione e trasformazioni, a una società Ibf Servizi dedicata all’agricoltura di precisione (tra gli azionisti e-GEOS–Leonardo e A2a Smartcity), alla neonata Consorzi Agrari d’Italia. La visione si allarga anche oltre i confini nazionali. «Con l’Eni abbiamo un progetto pilota in Ghana per valorizzare le produzioni di riso, frumento e frutta tropicale, sempre garantendo la massima sostenibilità e con il minor utilizzo del suolo possibile». Poi Vecchioni lancia un messaggio chiaro, ponendo una domanda al mondo politico. «Perché – dice – non pensare a un golden power sulla terra? Si tratta, penso ai nostri territori, ai nostri paesaggi, al nostro potenziale produttivo, di un bene da tutelare, strategico, che va protetto, valorizzato, difeso». E vista l’impennata delle materie prime, anche a causa della pandemia e delle dinamiche del mercato, l’idea è tutt’altro che peregrina. «In ballo c’è l’approvvigionamento di un Paese, il suo futuro, le filiere». Ma la filosofia che ispira il gruppo, la quotata BF Spa è solo una parte, va oltre la proprietà della terra, il suo valore e la gestione da un punto di vista della produzione agricola.
LE PROSPETTIVE
«Il gruppo – rimarca – ha davanti a sé una sfida che la vede impegnata in Italia a continuare a crescere sia in termini fisici sia in termini di alleanze strategiche nella filiera agroindustriale italiana. Ma vuole guardare fuori dai confini nazionali, verso i continenti e quei paesi più prossimi a noi, come ad esempio l’Africa o Est Europa in genere». «Il nostro futuro – spiega – sta non tanto nell’esportare un prodotto specifico, ma quel patrimonio di conoscenza che abbiamo intercettato negli anni e quello invece frutto degli ingenti investimenti che abbiamo compiuto in questi anni. Da qui abbiamo realizzato una struttura – pensata per un progetto di business per le agricolture del pianeta – dove grandi agricolture con diversi livelli di sviluppo richiedono sempre più delle infrastrutture o piattaforme di sistema capaci di consegnare quel pacchetto di know how che gli faccia crescere in una logica di sostenibilità e salvaguardia della terra, che ricordo essere il vero patrimonio da tutelare». «Ricordiamoci – tiene ancora a precisare – a questo proposito che oggi il pianeta conta circa 1 miliardo e mezzo di ettari nel mondo, di questi 300 milioni sono irrigui e poi la terra è finita. Su questo aspetto si è fondato il nostro progetto: la valorizzazione della terra come bene a ricaduta collettiva per le future generazioni è la risultante dell’impegno di tutta la filiera».
LA FORMAZIONE
«Pensiamo – dice il manager – soprattutto ai nostri giovani, ai ragazzi, per costruire l’avvenire. Per questo abbiamo creato un polo accademico a Jolanda di Savoia per sviluppare le conoscenze, trasferire e creare know how, ne sono una prova il nostro ruolo nel Master di I livello dell’Università degli Studi della Tuscia in agricoltura di precisione insieme a Università degli Studi di Teramo, Università degli studi di Padova, Università degli Studi di Firenze e Università degli Studi di Salerno oltre ai due prestigiosi enti di ricerca presenti fin dalla nascita del master, il CNR-IREA e il CREA e altri accordi con importanti atenei che stiamo per finalizzare». E questo in tutti settori in cui si articola l’attività del gruppo: dalla genetica (la Sis) agli impianti di trasformazione (BF Agro industriale), dalla tecnologia e i servizi per l’agricoltura di precisione (IBF Servizi) ai Cai, i Consorzi Agrari d’Italia, la rete territoriale degli agricoltori italiani, funzionale per rendere tutto il comparto competitivo e moderno. La rivoluzione della terra, anzi dell’agro-business, è in marcia.